SANTUARIO DEI SANTI MARTIRI PELLEGRINO E ALBERICO CRESCITELLI


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SANT'ALBERICO

I SANTI

Il nostro Santo nasce ad Altavilla il 30 giugno 1863, il 2 luglio, festa della Madonna delle Grazie, viene battezzato con i nomi di Alberico, Pietro, Pellegrino; Alberico in memoria di un cugino del padre morto alla vigilia della laurea in medicina, Pietro perché nato la notte di San Pietro e Paolo, Pellegrino per devozione al Santo le cui reliquie, nel 1780, erano state portate ad Altavilla da Padre Giuseppe Maria Crescitelli, prozio del Santo, fratello del trisnonno Saverio.
Poiché era molto gracile, a dieci mesi Alberico fu affidato ad una nutrice in campagna, vicino alla chiesa della Madonna del Carmine. Dopo 4 mesi ritornò in famiglia vivace e loquace.
A 4 anni gli comparve una limitata calvizie; chiamato il barbiere per radere la zona al fine di favorire la ricrescita dei capelli, la madre disse "Cominciate a prendere possesso della testa di mio figlio e a fare la chirica"
Al momento si rise, ma l'episodio sarà ricordato con commozione, quando nell'agosto del 1887, lo stesso Caprioli è chiamato a regolare la tonsura al novello sacerdote.
Alberico quotidianamente ascoltava la Santa Messa e si comunicava.
Giovanetto dava lezioni di catechismo (nel museo custodiamo gli inni sacri da lui trascritti per distribuirli ai compagni)
Suo maestro e confidente fu don Giovanni Fischetti, cappellano economo.
A 15 anni aveva già svelato al fratello Luigi la sua predisposizione al Sacerdozio, ma dopo la Missione tenuta in paese dai Redentoristi nel maggio 1879 la decisione si rafforzò. Dalla biblioteca dello zio defunto canonico Raffaele Crescitelli attingeva molti libri che lo facevano innamorare sempre più delle missioni.
La madre lo accompagnò dal padre Liguorino, Pascale al quale con franchezza Alberico confidò che non sentiva conforme alla sua vocazione la congregazione dei Redentoristi.
Il 25 agosto 1880, primo centenario della traslazione delle reliquie di San Pellegrino da Roma ad Altavilla, lo zio paterno Padre Giuseppe Cirelli, dell'ordine degli Eremitani di Sant'Agostino, fu invitato in paese per le solenni celebrazioni ed il giovane Alberico, accompagnato dal padre, andò a parlargli, ma quando Padre Cirelli gli propose di entrare nel suo ordine, Alberico rispose che voleva essere prete secolare e consacrarsi alle missioni presso gli infedeli.
Ad ottobre, il cugino Caruso lo informò che da Roma era giunto a Pietradefusi il Pallottino don Dominico Porrazzo della Pia Società delle Missioni.
Alberico andò a parlargli, ribadendo la sua volontà di essere missionario tra infedeli ed eretici; voleva, insomma, essere prete secolare in qualunque collegio avesse missioni all'estero. Porrazzo pensò subito al Seminario dei Santi Apostoli Pietro e Paolo per le Missioni Estere a Roma. Il 28 ottobre 1880, a 17 anni, il giovane Alberico entra in Seminario. La sera prima, salutando il sacerdote Antodaro, aveva esclamato con letizia Don Giovannino, finalmente sono stati esauditi i miei voti.
Il Signore mi ha fatto la grazia, già sono missionario.
Domani partirò per Roma, preghi per me.
Poiché non aveva terminato il ginnasio fu ammesso con riserva ma recuperò presto, fu allievo modello, amato da tutti. Lo chiamavano con affettuoso rispetto RABBINO, perché studiava la lingua ebraica per meglio conoscere la parola di Dio nel testo originale.
Nel Luglio 1883 morirono il padre e la sorella Rosina di 22anni, nel terremoto di Casamicciola. Altro non mi resta a dire se non Fiat voluntas tua, fu il suo commento da vero uomo di fede. Il 10 ottobre 1883 alla Visita militare fece notare di aver diritto alla 3° categoria perché il fratello era iscritto alla 1°. Gli fu risposto che non aveva diritto a nessuna categoria, infatti, fu riformato per eccessiva gracilità e per evidenti varici, come riferì il dottore Giordano, presente per conto del Comune di Altavilla.
La diagnosi preoccupò la famiglia che volle farlo visitare, dal dottor Barone di Avellino il quale confermò ogni cosa.
Per gracilità e con vene varicose che lo rendevano inadatto a cavalcare avrebbe dovuto accantonare l'idea di farsi missionario, ma la fede era incrollabile per cui Alberico ripartì per Roma senza pensare alle parole dei medici, fiducioso unicamente nelle parole di San Paolo: le cose stolte del mondo elesse Dio per confondere i sapienti: e le cose deboli del mondo elesse Dio per confondere le forti.
Il 4 giugno 1887 vigilia della SS.ma Trinità fu ordinato Sacerdote ed il 10 luglio 1887 giunse ad Altavilla, per trascorrere un pò di tempo in famiglia, prima di partire missionario. In paese stupì tutti per il suo comportamento esemplare.
Durante la sua permanenza accaddero tre episodi significativi: il primo si verificò il giorno della festa della Madonna del Carmine: la mattina aveva celebrato la Messa solenne ed aveva tenuto quel toccante panegirico, il cui testo manoscritto è esposto nel museo; la sera, dopo le funzioni religiose, mentre era raccolto in preghiera nell'angusto spazio dietro l'altare, un candelabro, anche questo custodito nel museo, gli cadde in testa; l'indomani monsignor Fischetti, accompagnato dal sacerdote Cosimo Lombardi, andato a fargli visita per accertarsi dello stato di salute gli disse benevolmente, senza pensare di essere profeta, è cominciato il tuo martirio e da quel momento per il tempo che rimase in paese gli amici lo chiamavano affettuosamente il martire tutte le volte che lo incontravano.
Quando il 25 agosto del 1900 giunse il telegramma che annunziava la sua atroce morte era parroco proprio il Lombardi.
Chi il 16 luglio 2007, festa della Madonna del Carmine, ha visto ad Altavilla un pullman di Cinesi in visita al Museo del Santo, ha avvertito una particolare emozione; è stato davvero toccante vedere nella casa del martire tanti cinesi in preghiera, a centoventi anni dall'ordinazione sacerdotale e dalla partenza per la missione.
Il 2° episodio si verificò a fine luglio: padre Alberico fu convocato a Napoli dal visitatore apostolico che gli propose l'insegnamento nel collegio cinese di Napoli, ma egli rifiutò, sempre più convinto a partire missionario.
A casa non dirà nulla, solo due anni dopo lo scriverà al fratello Luigi.
Il 3° episodio è legato al colera.
La partenza per Roma era fissata per l'8 settembre, ma per far piacere alla mamma era slittata di qualche giorno, il 12 si manifestò il primo caso di colera, per cui, mentre la mamma lo invitava a partire per evitare il pericolo, egli chiese ai superiori di restare per assistere gli ammalati. Operò con impegno e spirito di abnegazione, incurante del contagio, meritò pubblico riconoscimento e medaglia di bronzo, conferiti quando già stava elargendo doni in terra cinese.
Era partito da casa il 31 ottobre 1887, salutato dalla mamma la Madonna ti accompagni. A Benevento celebrò nella Chiesa di Sant'Anna, poi raggiunse la sede arcivescovile per salutare mons. De Rende che aveva già incontrato ad Altavilla, in occasione del colera, indi raggiunse Roma.
Ricevuta la benedizione da papa Leone XIII ed il Crocifisso missionario, il 2 aprile 1888, accompagnato dal fratello Luigi parte per Genova dove incontra padre Colli, il giorno dopo vanno a Nizza, qui, salutato Luigi, proseguono per Marsiglia per imbarcarsi sul piroscafo Sindh. Il viaggio dura più di 4 mesi.
A HonKow, ove sostano qualche giorno, Padre Alberico depone la sacra veste europea ed indossa quella cinese.
In missione opera attivamente, sempre alla ricerca di quante più conversioni possibili. Particolare cura rivolge all'infanzia abbandonata, raccoglie le bambine che venivano gettate, le battezza e le affida a nutrici pagate con danaro proprio e con le offerte che riceveva dai parenti. È stato un antesignano delle adozioni a distanza, un convinto sostenitore della Santa Infanzia. Chiedeva spesso che in parrocchia si animasse un Apostolato di preghiera per la conversione dei poveri cinesi. Nella primavera del 1900 nella Cina meridionale scoppia una forte carestia, per arginare la quale il governo predispone di distribuire una razione di riso a famiglia; tale compito viene affidato ad un facinoroso, Teng, che salta le famiglie convertite e quelle che frequentavano il missionario, chiamato diavolo europeo.
Padre Alberico va dal mandarino per difendere i diritti dei cittadini cinesi. Ottiene giustizia, Teng incassa il colpo, ma giura vendetta. Il 20 luglio Padre Alberico era in attesa del battello per raggiungere un altro villaggio affidato al suo apostolato, quando il capo doganiere Jao, complice di Teng e dei Boxers, gli tese la trappola invitandolo a rifugiarsi nell'ufficio.
Dopo poco si sentirono tre spari, era il segnale convenuto: tre loschi individui entrarono.
Il doganiere, fingendo di proteggere il missionario, lo fece uscire per una porticina posteriore dicendo che di lì avrebbe raggiunto la strada per i monti, invece era un cortile cieco, circondato da mura alte. Accortosi del tradimento, padre Alberico si inginocchiò a pregare, fu raggiunto da colpi di spada e ferito al braccio, all'orecchio e alla fronte, poi trascinato per i piedi sulla via del mercato. Con lui era stato catturato anche il catechista Jan. Le torture avevano fiaccato il Padre ed i sicari obbligarono il catecumeno Ciou a caricarselo sulle spalle, ma, poiché il troppo sangue faceva scivolare il corpo, pensarono di legare mani e piedi, lo appesero ad un lungo bastone di bambù, come animale al macello, e lo trasportarono fino ad un banco di vendita per chiedere il riscatto, dal momento che secondo la legge del posto era ritenuto colpevole del delitto il proprietario del sito ove si verificava il fatto.
Incassati 300 tiao, pari agli attuali 50 centesimi, lo portarono in uno spazio vuoto tra due case, qui lo denudarono e vedendo che sussurrava preghiere, sghignazzando lui prega, noi gli accendiamo le candele, cominciarono a bruciargli i peli, poi incaricarono alcuni ragazzi per continuare la loro opera mentre essi andarono ad ubriacarsi. Un ambulante si accostò per rincuorare il missionario, che, con un fil di voce, lo pregò di spostarlo in un luogo libero, perché, se fosse morto in quel punto, i suoi assassini avrebbero ricevuto un gran castigo. Nel frattempo, i carnefici tornarono più inferociti di prima tanto da ordinare ai monelli di urinare in bocca al martire, divorato dall'arsura.
La mattina seguente intervenne un mandarino militare, sembrava che avesse convinto i boia a consegnargli il corpo agonizzante di Padre Alberico, ma appena il mandarino si allontanò in cerca di una portantina, costoro trascinarono sul greto del fiume il corpo martoriato, poi, con un coltello, arrugginito e poco tagliente, che utilizzavano per tagliare il fieno, si accinsero a decapitarlo; incontrando difficoltà, usarono il coltello a mò di sega. Quando la testa cadde sulla riva, il cielo che fino ad allora era stato scuro, si rischiarò in un solo punto ed un fascio di luce illuminò la testa recisa; non contenti, segarono il corpo in tre parti: arti superiori, arti inferiori e tronco, indi gettarono tutto nel fiume. Per ben tre volte i pezzi spinti a largo, trasportati dalla corrente tornavano a riva, congiungendosi a formare il corpo. Più spingevano, con lunghi bastoni, più i pezzi si riavvicinavano. Era il 21 luglio 1900. Una copiosa pioggia notturna e la piena del fiume inghiottì ogni cosa.
Chi di nascosto aveva visto tutto, testimoniò presso monsignor Passerini, vescovo dello Schensì meridionale, superiore di Sant'Alberico, già suo compagno di seminario, nonché fraterno amico. Oltre che trascrivere le deposizioni ed istruire il processo per il riconoscimento delle virtù eroiche, Passerini raccoglie e porta in patria le vesti e gli effetti del Martire che ora sono custoditi nel museo ubicato nella casa natale del Santo.
Il 18 febbraio 1951 Pio XII lo proclamò Beato affermando il suo martirio fu umanamente parlando, orribile, uno forse dei più atroci che la storia ricordi. Nulla è mancato, né la crudeltà dei tormenti, né la durata, né le umiliazioni più barbare, né le sofferenze del cuore, né i tradimenti ipocriti di falsi amici, né i clamori ostili e minacciosi dei sicari, né l'oscurità dell'abbandono.
Il primo ottobre 2000, Giovanni Paolo II lo proclamava santo insieme ad altri 119 martiri cinesi.

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